Raggiunto durante il suo Arctic World Tour, Omar Di Felice ci spiega il perché di questa avventura all’insegna della bellezza del Mondo che va tutelata a tutti i costi. Fatica compresa
Una pedalata di 4mila chilometri: è la nuova avventura di Omar Di Felice che, partito da pochi giorni per il suo Arctic World Tour, promette di collezionare un record su record perché le temperature affrontate sono veramente estreme.
Qui l’energia messa in campo è solo quella dei suoi muscoli che lanciano la mitica bici già provata sulla Roma/Glasgow. Dalla Russia all’Alaska passando per Lapponia, Islanda e Groenlandia: questa la traiettoria segnata sulla mappa di Di Felice, un giro del Mondo Artico.
Un’avventura che vuole essere anche un momento di cultura. Per questo, Italian Climate Network, nei due mesi di viaggio di Omar, approfondirà con lui i tanti aspetti legati ai cambiamenti climatici dei Paesi del Polo Nord, con dirette insieme a scienziati, climatologi, geografi, politologi, ricercatori ed esperti di turismo sostenibile.
GreenPlanner.it ha raggiunto Omar Di Felice raggiunto in una pausa. Questa è l’intensa intervista scaturita.
Un uomo, una bici, un’impresa: tutto superlativo. La dimostrazione che volendo possiamo fare tanto. In positivo (e quindi abbiamo speranza) o in negativo (siamo i fautori della possibile sesta estinzione di massa): la tua impresa è pura fiducia nell’umanità?
La mia impresa, anche se mi piace definirla maggiormente una avventura perché è un lungo viaggio di scoperta, più che pura fiducia nell’umanità è fiducia nel valore della bellezza, che è l’unica cosa che ci può far smuovere la coscienza.
Ed è il motivo per cui attraverso i miei progetti, le mie avventure, in questo caso il lungo giro del mondo artico, voglio fare vedere alle persone quanto sia bello in Mondo e quanto meriti il rispetto che spesso, a volte, ci dimentichiamo di riconoscergli.
E quindi mi faccio, voglio farmi portavoce di quella che è la bellezza del Mondo e di quelle che sono le criticità del mondo affinché le persone diventino consapevoli che i nostri piccoli cambiamenti delle vite quotidiane possono generare e i grandi benefici per il Pianeta e i grandi benefici per i nostri stili di vita affinché si riescano a preservare tutte quelle dinamiche che in questo momento sono messe a forte repentaglio, a forte rischio, proprio dalle nostre abitudini sbagliate.
Crisi climatica ed estremi: a te fa più paura l’estremo freddo o l’estremo caldo e come sei in grado di reagire a ciò?
Ma non credo che ci sia una cosa migliore e una cosa peggiore: tanto il caldo estremo quanto il freddo estremo generano conseguenze drammatiche. Quello che non va bene è questo disequilibrio che stiamo creando tra uomo e condizioni di vita.
L’essere umano ha tentato negli ultimi secoli di dominare la natura e di forzarla, quindi cercando di adattarla anziché essere lui stesso in primis a doversi adattare alla stessa e questo ha generato i cambiamenti climatici e questa crisi in atto che farà sì che dovranno cambiare le nostre abitudini.
Ma attenzione: il rischio grande è quello che la crisi climatica ci porti a doverlo fare forzatamente quando gli eventi estremi metereologici, per esempio, ci costringeranno banalmente a migrare, a spostarci.
Io prendo sempre gli esempi estremi: non guardiamo noi, dove tutto sommato, abbiamo alle nostre latitudini la possibilità ancora di adattarci. Ma io penso a luoghi del mondo dove già il caldo, per esempio in Africa, è già una componente che porta del disagio e porta delle condizioni di vita molto difficili.
Andarla a estremizzare significa mettere in crisi intere popolazioni e, a caduta, generare poi movimenti migratori, flussi migratori che ci porteranno a dover affrontare questa crisi che sarà non più solo una crisi climatica ma anche una crisi sociale, una crisi umana.
Quindi, il grande enigma è proprio questo: che cosa succederà quando il clima cambierà così tanto da proibire, da non consentire a certe persone, a certe popolazioni di continuare la propria vita.
Noi probabilmente ci adatteremo, vivremo estati sempre più calde a cui cercheremo di fare fronte attraverso gli strumenti tecnologici, condizionatore e quant’altro. Ma ci sono intere popolazioni e civiltà che purtroppo dovranno migrare, dovranno spostarsi, e in quel caso sarà un problema.
I presupposti dell’impresa che stai compiendo, inserita nel progetto Bike to 1,5°C sono chiari, ma c’è stato un momento dove ti sei detto “chi me l’ha fatto fare?”
Quando si parte per una lunga avventura di questo tipo sai già e metti già in conto che ci saranno momenti difficili e ci saranno momenti di grande crisi e anche di sconforto.
“Chi me lo ha fatto fare?” è una frase che trova lo spazio di qualche piccolo attimo, però poi viene compensato dalla bellezza di quello che faccio e dalla consapevolezza che sto facendo quello per cui da sempre studio, lavoro e mi applico.
Ovviamente è uno sfogo del momento, ma uno sfogo che è una piccola parentesi che si apre e si chiude molto velocemente. Viceversa c’è una forte consapevolezza delle difficoltà che bisogna affrontare e quindi bisogna essere preparati sempre al meglio affinché queste difficoltà si possano affrontare nel miglior modo possibile.
Ci racconti anche infine come nasce un’idea come questa?
Un’idea come questa nasce esattamente come tutte le mie avventure quindi è una scintilla iniziale e quella scintilla viene alimentata dalla suggestione. C’è un momento in cui io rifletto, penso e a un certo punto mi si illumina davanti a me quella che può essere una destinazione, piuttosto che un’avventura, piuttosto che un obiettivo sportivo.
A quel punto però inizia la parte di studio vero e proprio quindi questa suggestione deve essere concretizzata e il sogno deve diventare qualcosa di realizzabile. Studio e pianificazione e tutto quello che richiede un’avventura così lunga.
Hai già in mente la prossima avventura?
Sinceramente mi viene da dire che le cose vanno affrontate una alla volta. Soprattutto una avventura così critica, complessa e difficile da gestire richiede una forte concentrazione, quindi in questo momento sono completamente focalizzato su quello che sto affrontando e su quello che dovrò affrontare da qui alla fine.
Sicuramente quando mi avvicinerò al termine dell’avventura, come mio solito, comincerò a pensare a come estendere questa mia voglia di esplorazione, questa mia voglia di girare in bicicletta e quindi inizierò a a prefigurarmi gli scenari futuri.
(ha collaborato Camilla Lorenzi)
L’articolo Arctic World Tour in bicicletta: l’esclusiva avventura di Omar Di Felice è stato pubblicato su Magazine Green Planner.