La sensibilità nei confronti della sofferenza degli animali sta cambiando molto rapidamente e sono sempre di più i cittadini e gli agricoltori che chiedono norme rigorose a tutela dei nostri compagni di viaggio sul Pianeta. Di recente, il Parlamento europeo si è pronunciato sulle norme che regolano il trasporto degli animali, con l’obiettivo di migliorarne le condizioni
Le norme europee che regolano il trasporto degli animali su strada, per mare, via ferrovia e aereo, a scopi di allevamento, riproduzione, ingrasso e macello risalgono al 2005.
Un’inchiesta, condotta da una commissione designata dal Parlamento europeo e conclusa nel 2020, ha però stabilito che queste norme vengono largamente disattese e ne ha chiesto la revisione, che dovrebbe concludersi entro il 2023.
Le violazioni più comuni sono l’altezza insufficiente del vano di carico, la non idoneità degli animali al trasporto e il sovraffollamento, l’inadeguatezza dei dispositivi di abbeveraggio o, peggio, la mancanza di acqua e cibo.
Spesso gli animali vengono trasportati su mezzi inadatti, in condizioni di temperatura estreme e con tempi di trasporto eccessivi. Per ridurre al minimo le sofferenze degli animali, i deputati hanno chiesto di ridurre la durata dei viaggi, limitandola in particolare a otto ore per gli animali destinati al macello e a quattro ore per gli animali che vengono tenuti per produrre latte o uova o a fini riproduttivi.
Inoltre, hanno chiesto tutele rafforzate per gli animali giovani e gravidi: gli animali non svezzati non dovrebbero essere trasportati prima delle cinque settimane (adesso il limite è di soli 10 giorni), mentre il limite per gli animali gravidi dovrebbe essere di due terzi della gravidanza (attualmente è il 90%).
Per quanto riguarda il trasporto al di fuori dell’Ue, il Parlamento Ue ha chiesto che le esportazioni di animali vivi siano limitate ai Paesi che garantiscono e rispettano standard di benessere animale equivalenti a quelli europei.
Infine, il parlamento ha sollecitato il passaggio a un sistema più efficiente, che favorisca il trasporto di sperma o embrioni anziché di animali da riproduzione e di carcasse e carne anziché di animali destinati al macello.
Non sono mancate le critiche al provvedimento. Secondo l’europarlamentare Eleonora Evi, le raccomandazioni del Parlamento europeo, che pure rappresentano un lieve miglioramento rispetto alla situazione attuale, sono un’occasione persa per porre fine a un sistema crudele che ancora sfrutta gli animali.
L’auspicio dell’europarlamentare è che la Commissione europea intervenga in maniera più decisa in sede di revisione delle norme sul trasporto.
Ancora animali, ma stavolta selvatici. L’associazione Lndc Animal Protection nei giorni scorsi aveva annunciato un ricorso al Tar contro l’ordinanza della Regione Liguria che, al fine di contenere la diffusione dell’epidemia di peste suina, imponeva l’abbattimento dei suini, anche sani, nelle attività familiari e la macellazione dei suini negli allevamenti bradi e semibradi.
Dopo le petizioni online e i ricorsi annunciati, dall’Asl regionale sono arrrivate le delucidazioni sull’applicazione dell’ordinanza relativa all’abbattimento dei suini presenti nell’area rossa, che va da Recco ad Albissola e relativo entroterra.
“Stiamo già procedendo all’abbattimento di tutti i capi da ingrasso o da riproduzione, mentre quelli che rientrano nella categoria altre attività potranno non essere abbattuti” ha chiarito il responsabile del servizio veterinaria di Alisa, Roberto Moschi.
La peste suina africana è una malattia virale che colpisce suini e cinghiali: altamente contagiosa e spesso letale per gli animali, non è, invece, trasmissibile agli esseri umani. Nel 2014 è esplosa un’epidemia di Psa in alcuni paesi dell’Est Europa e da allora la malattia si è diffusa in altri stati europei, tra cui Belgio e Germania.
Il 7 gennaio 2022 è stata però confermata la positività in un cinghiale trovato morto in Piemonte e il timore è che l’epidemia possa diffondersi e causare gravi danni economici anche in Italia.
Si è conclusa male anche l’iniziativa per raccogliere firme in favore dell’abolizione della caccia: la campagna del comitato Sì Aboliamo la Caccia, ha depositato soltanto 256.274 – contro le 500.000 necessarie – di cui 119.160 ritenute valide.
Il risultato è stato certificato dall’ordinanza della Corte di Cassazione che quindi rende impossibile procedere con la consultazione popolare.
Un’occasione persa per lasciarsi alle spalle una pratica obsoleta e cruenta, senza più senso se non quello economico delle lobby legate all’industria delle armi.
L’articolo Trasporto degli animali: le norme vengono spesso disattese è stato pubblicato su Magazine Green Planner.