Curare il diabete con le molecole vegetali

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La capraggine (Galega officinalis) è un’erba infestante ed è la pianta che dà vita alla metformina. Ma non sarebbe la sola utile a curare il diabete, antica malattia sempre più “invadente”

Il diabete mellito, una malattia vecchia quanto l’uomo, oggi giorno colpisce un numero sempre più crescente di persone. Il farmaco maggiormente prescritto è la metformina, che deriva da un alcaloide presente all’interno della capraggine, la Galega officinalis.

Attualmente, altre piante vengono studiate, come il melone amaro oppure il cartamo, come possibili fonti di molecole da immettere sul mercato per il controllo della glicemia.

La capraggine è un’erba infestante che fino a poco tempo fa veniva impiegata in alcuni preparati erboristici per stimolare la lattazione delle puerpere, da cui il nome scientifico Galega (dal greco latte) tuttavia oggi la pianta non viene più prescritta, in quanto i rischi della sua assunzione superano i suoi benefici.

Tra gli usi tradizionali, però, rientrava anche il controllo della glicemia. Nell’Ottocento la pianta fu accuratamente studiata e si capì che il composto attivo era un derivato della guanidina, chiamato galegina.

Solo nel 1920 i chimici intuirono che la guanidina e la galegina fossero in grado di ridurre i livelli di glucosio nel sangue, entrambe le molecole erano tossiche, ma la galegina lo era di meno e così fu impiegata in terapia.

Negli anni ’30 poi, la scoperta dell’insulina e la breve durata d’azione della galegina, fecero cadere nel dimenticatoio la molecola della capraggine, che però, diede le basi per lo sviluppo di un derivato della guanidina chiamato metformina, che attualmente è uno dei farmaci di prima linea usati per trattare il diabete mellito.

Nei Paesi dal clima tropicale è presente il melone amaro (Momordica charantia), un parente alla lontana della nostrana zucca, i cui frutti e foglie, ricchi di triterpeni e saponine, vengono utilizzati dalle popolazioni locali in caso di diabete.

Alcuni studi hanno dimostrato che i triterpeni sono in grado di ridurre la resistenza all’insulina e che la miscela di saponine, chiamate charantina, può abbassare i livelli di glucosio nel sangue.

Di recente uno studio clinico ha dimostrato che l’assunzione del frutto del melone amaro essiccato è in grado di ridurre le complicazioni a lungo termine dei pazienti diabetici.

Attualmente però, il melone amaro e i suoi derivati, non sono ancora entrati in terapia in quanto c’è bisogno di ulteriori studi che ne confermino davvero l’efficacia.

Il cartamo (Carthamus tinctorius) invece, potrebbe rappresentare un’alternativa molto più economica per la produzione di insulina, molecola utile in caso di diabete di tipo 1, dove il pancreas non produce più l’ormone peptidico insulina, o non ne produce abbastanza.

Attualmente l’insulina umana viene prodotta a partire da lieviti e batteri geneticamente modificati, ma va detto che questa ha un costo di produzione elevatissimo.

Recentemente gli studiosi hanno modificato geneticamente il cartamo per selezionare piante che producano una pro-insulina (precursore dell’insulina umana) nei loro frutti.

Sebbene i test preliminari abbiano confermato che l’insulina vegetale ha le stesse caratteristiche di quella animale, attualmente, come per la galegina negli anni ’30 la ricerca è finita nel dimenticatoio.

Si spera, in un prossimo futuro, che si abbia il coraggio di investire e studiare sempre di più queste molecole vegetali, sia per apportare un miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti diabetici, ma anche per rendere sostenibile la produzione dei farmaci attualmente in uso.

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Maria Anna Esposito: laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche alla Facoltà di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli, farmacista con specializzazione in Fitoterapia e Aromaterapia. Fito-blogger. Esercita in libera professione attività di consulenza erboristica | e-mail | Instagram

L’articolo Curare il diabete con le molecole vegetali è stato pubblicato su Magazine Green Planner.