Con i contratti di foresta, accordi locali che hanno l’obiettivo di sviluppare le filiere forestali, si sono poste basi importanti per unire attori del mondo economico e imprenditoriale che oggi non si parlano, facendo crescere il valore della materia legno. Ecco le proposte di Uncem per proseguire su questa strada nelle aree montane…
La strada per la valorizzazione e il rilancio delle filiere forestali passa senz’altro dagli accordi di foresta, strumenti pensati per ridefinire la proprietà forestale, primo passo per attivare una gestione attiva dei boschi.
Nelle speranze delle associazioni della filiera del legno e dei legislatori c’è la volontà di creare un volano per lo sviluppo di un’economia delle foreste e delle comunità locali e montane. Non è più sostenibile, infatti, che il 33% della superficie nazionale coperta da boschi sia di fatto utilizzata solo in termini marginali, per lo più per legna da ardere.
Le superfici boschive italiane – circa 11 milioni di ettari, il 38% della superficie del nostro Paese – devono poter generare alle comunità che intorno a queste aree sviluppano un’economia in difficoltà.
Per permettere al nostro Paese di sviluppare adeguatamente queste aree, allinenadoci alle più avanzate politiche europee forestali, sostenibili e capaci di traguardare le sfide della crisi climatica – i soldi non mancano, perché nella legge di bilancio 2022 sono stati stanziati 30 milioni di euro per le foreste che si aggiungono ai 100 milioni del decreto legge sugli incendi convertito in legge – arrivano le proposte di Uncem.
Le dieci proposte per sviluppare le filiere forestali in Italia
Ecco allora le dieci proposte per sviluppare il tessuto economico legato alle foreste in Italia, che Uncem ha proposto e che vi elenchiamo qui di seguito.
Per Marco Bussone, presidente nazionale Uncem, infatti, “capire fino in fondo che siamo un Paese forestale significa investire e agire di conseguenza a tutto tondo, con tempi certi e il coinvolgimento del sistema pubblico, privato, associativo, accademico“.
Aumentiamo il dialogo tra imprese, enti, associazioni, in particolare tra boscaioli, chi entra in bosco, segherie, falegnamerie, negozi. Dialogo agevolato dai dottori forestali, per immettere nel sistema nuova capacità culturale di visione e operatività. Occasioni di confronto devono moltiplicarsi. Uncem le favorirà
Diamo forza e sostanza alla Borsa del legno, promossa da Assolegno, anche d’intesa con Uncem per far unire la domanda con l’offerta di materiale di qualità per costruzioni e altri prodotti. Manca il materiale che arriva dall’estero, aumenta di costo. Usiamo dunque il nostro legno. E uniamo le tante iniziative vincenti sparse per l’Italia, dalle aste ai cluster, ai marchi. Insieme si vince
Portiamo la digitalizzazione nel settore. Non solo macchine più avanzate, in bosco e in segheria, ma anche blockchain per la tracciabilità dei materiali, a vantaggio del consumatore e del cliente finale dei prodotti, capace di riconoscere il valore del prodotto nel “chilometro e metro zero” come punto di partenza della materia prima legno. Togliamo di mezzo ogni “nero” e tutto il sommerso. Anche su pellet e legna da ardere. Se vi sono dubbi sulla provenienza, non mettete quel pellet nella vostra stufa. Cosa meno? Sarà così per effetto di un danno – sociale, ambientale, antropico – causato alle foreste europee, russe, cinesi dalle quali arriva. Facciamo attenzione. Usiamo bene il legno e i suoi derivati. La foresta va protetta anche così
Aumentiamo le superfici pubbliche e private del Paese pianificate, gestite – con piani di gestione – e certificate – Fsc e Pefc – anche chiedendo alle istituzioni degli strumenti di semplificazione per il passaggio di proprietà e successione – niente notaio sotto l’ettaro di superficie di bosco o pascolo, ad esempio – così da definire una “superficie minima indivisibile”. Non servono solo 1 miliardo di nuovi alberi in più – quelli facciamoli nelle zone urbane – bensì occorre gestire bene quello che c’è. In Italia abbiamo il problema opposto rispetto ad Africa, Sud America, Asia. Il bosco da noi aumenta e questo non sempre è positivo. Dobbiamo avere accortezze per evitare di lasciare questo aumento esposto a rischi ambientali – incendi, dissesto, frane – a danno di tutti
Puntiamo sulla formazione. Formare boscaioli, segantini, selezionatori, falegnami. Ipla, Esrsaf, E. Mach devono essere il fulcro di questa formazione, con i centri di formazione – Formont, Scuole San Carlo, Case di Carità, Murialdini… – per andare incontro a giovani motivati e in grado di prepararsi, entrare in azienda o formarne nuove
Abbassiamo l’Iva sui prodotti forestali. Tutti. Stoccano CO2 e sono già antidoto alla crisi climatica. Dunque diciamolo e lo Stato intervenga per portare al 4% l’IVA su tutti i prodotti del bosco. A partire da tronchi, lavorati, semilavorati, ma anche serramenti, mobili… Inoltre, si riconosca che lo stoccaggio di CO2 in questi prodotti ha un valore, pieno e decisivo, a beneficio anche dei territori dai quali il legno è stato preso e usato grazie a regole selvicolturali vigenti efficaci e serie, riducendo peraltro le importazioni di materiali anche da Paesi nei quali illeciti, forme illegali di taglio e gestione non sono certo una novità
Non demonizziamo la produzione di energia. Dai nostri boschi si ottengono materiali per buone produzioni di materiale per carpenteria per esempio, ma sappiamo che una parte – da ridurre anche per il valore maggiore da ricavare – va in impianti per la produzione energetica. Che devono essere più efficienti ma che non sono certo da condannare. Nelle aree montane, i prodotti legnosi per energia sono antidoto ai costi eccessivi e gravi di Gpl e anche metano. Puntiamo a usare i nostri prodotti e dunque anche meno pellet importato
Creiamo piazzali e piattaforme logistiche di gestione. Ma anche “piazzali online” dove gestire cataloghi virtuali di materiale reale che permettano di far incontrare domanda e offerta. Non cinquanta o cento piattaforme nazionali, bensì una che Uncem ha già in costruzione con la Borsa del legno di Assolegno e Federlegno Arredo. In una sinergia efficace per le filiere
Le reti di imprese, le piattaforme e le borse del legno, insieme e in dialogo tra loro, devono sensibilizzare i progettisti – geometri, architetti, ingegneri, geologi – al fine di usare nei loro progetti – da un tetto, a una casa, a una briglia di un versante – dei travi, colmi, perline, assi, tavole, pali di legno locale. Delle valli vicine. È una questione prima di tutto culturale. E per gli Enti locali si traduce nel mettere opportuni Cam – Criteri Ambientali Minimi – negli appalti pubblici che premino solo e sempre l’uso di materiale locale, sia lamellare ovvero massiccio
Servono marketing, design, racconto. Chi compra un serramento, una porta, un mobile fatto con legno italiano lo deve sapere. Deve sapere quanta CO2 è stoccata all’interno, da dove arriva la pianta, come è coltivata e gestita quella foresta, chi l’ha lavorata e dove. È un racconto. Che vale anche per le case. Se sono fatte con materiale italiano, l’acquirente lo deve sapere. Deve esserne orgoglioso. Vede la casa, la porta, l’infisso e con il QrCode collegato, viaggia nella foresta, nella segheria, sul camion che al posto di portare il legno da Austria, Russia o nord Europa, gli ha portato il prodotto – casa compresa – dal bosco a cinquanta chilometri da lui. È un prodotto tutto italiano. E ha fatto bene all’ambiente, alle foreste, alla storia
L’articolo Sviluppare le filiere forestali di Alpi e Appennini, le proposte di Uncem è stato pubblicato su Magazine Green Planner.